Saranno ricordati nel Tempio del Ciclista di Calderba due grandi ciclisti della Marca trevigiana scomparsi nel 2020.
Piero Zoppas: era nato a Scomigo il 27 aprile del 1934 ed ha corso tra i professionisti dal 1960 al 1966, vestendo i colori della San Pellegrino, della Atala, della Cité e della Vittadello. Visse il suo giorno di gloria al Giro d’Italia del 1964 conquistando il successo di tappa a Marina di Ravenna.
Vinse tantissimo da dilettante ( 80 gare in 4 anni ) tra cui la Popolarissima, qualche anno fa, alla corsa in Calderba quando accompagnava il figlio Flavio, mi raccontò il suo rammarico per non aver corso con Fausto Coppi scomparso nel 1960 quando lui iniziò la carriera da professionista alla San Pellegrino.
Appesa la bici a 32 anni, lavorò come lattoniere, impegno che ha svolto per quasi 50 anni, con un’attività in proprio, insieme e continuata dal figlio Flavio. Quasi fino a 80 anni Pietro andava ancora a lavorare sopra i tetti: è stato un uomo forte che l’esperienza del ciclismo aveva reso ancora più tenace.
Italo De Zan : era nato a San Fior nel 1925, corse da professionista dal 1946 al 1952 vincendo 5 corse con numerosi piazzamenti in gare importanti come la Milano Sanremo.
Fin da giovanissimo aveva dimostrato un grande talento come ciclista. Amico dei leggendari Fausto Coppi e Gino Bartali, aveva esordito come dilettante vincendo nel 1945 il Circuito di Sant’Urbano. L’anno successivo si è aggiudicato la Coppa del Re. La consacrazione era arrivata con la vittoria della decima tappa del Giro d’Italia, la Napoli-Fiuggi. Compagno di squadra, in anni più recenti, anche di Giovanni Pinarello. Nell’ultima parte della carriera era passato al ruolo di gregario ma in molti lo ricordano oggi, soprattutto a San Fior, come un simbolo del ciclismo trevigiano.
La cerimonia dell’esposizione delle foto al Tempio del Ciclista non è ancora sicura e gli organizzatori in accordo con Germano Bisigato Presidente dell’Associazione ciclisti della Provincia di Treviso, aspetteranno almeno fino a metà dicembre per decidere se rinviarla in primavera con la speranza di un “tempo migliore”.
Edi Tempestin